E come sempre aspetto. A questo giro aspetto il corriere DHL dall’Italia con i suoi 18 kg di roba utilissima che mi serve per sopravvivere. Prima tra tutto: la giacca di piumino. Qua a Colonia fa un freddo becco e non siamo nemmeno a un mese da che è cominciato l’autunno! Papà ha avuto l’accortezza di rincuorarmi dicendo che quando era a Mannheim gli è capitato di lavorare con -12°C. Ok. E’ il caso di coprirsi per benino.
E’ la prima volta direi che parlo della mia famiglia sul blog, durante una seduta grafoterapica. E’ un segno di regressione. Di infantilismo; invece di crescere, torno indietro. Diciamo che i Peter Pan non mi dispiacciono affatto, ma questo mio peterpanismo è assolutamente eccessivo e del tutto fuori luogo. Sarà che ho scelto la carta per dar voce ai miei pensieri a briglia sciolta e non il supporto elettronico. Almeno per la prima stesura (alè, adesso che rimetto mano mi rendo conto che sto cercando di tirarmela come se fossi Alessandro Manzoni de li castelli! La PRIMA STESURA U_U). Eh, ma finché non arriva il pacco posso fare poco. Internet ce l’abbiamo, ma il mio pc è morto nella batteria (= la batteria è scarica. Sì scrivo in un modo molto strano!).
Mi piacerebbe fare riflessioni sulla vita, ma al momento pare io non abbia molto su cui riflettere. A volte mi sembra di poter aggiustare le cose nonostante il luogo non sia propizio, altre volte – come ora – mi sento arida e nel posto sbagliato. Sento che potrei o dovrei o semplicemente vorrei essere da un’altra parte ma non è possibile in questo momento. Non è che Colonia sia un brutto posto, però della Germania ne ho un po’ fin sopra i capelli! Allora, so perfettamente che questa non è l’attitudine (o mamma! Che calco dall’inglese! Dovrei piuttosto dire, riguardandoci alle 01.28 di lunedì 25 ottobre, che non è l’ATTEGGIAMENTO giusto!) per affrontare un Erasmus che per certi versi deve ancora cominciare veramente, ma diciamo che se avessi vinto la borsa a Londra forse adesso mi sentirei un po’ più a mio agio.
Forse è il fatto che effettivamente qui sono responsabile esclusivamente di me stessa per la prima volta nella mia vita. E forse questa “libertà” mi fa un po’ paura. Forse sono solo una bambina sciocca che non sa stare al mondo e che tuttavia ha aspirazioni che oltrepassano fin troppo i suoi limiti. Non so più cosa sognare. Non mi va di guardare così in là da sapere esattamente cosa cercare e dove. Per questo dovrei essere felice di avere questa opportunità. E per certi versi lo sarò anche, ma temo un po’ troppo deep inside per poterne sentire gli effetti…
Qualcuno mi faccia sapere se sono un’ingrata! Perché purtroppo non ho la benché minima idea di come percepirmi. Non so chi sono. Cioè, qlcn ha anche provato a spiegarmelo, ma al momento non ho modo di andare a ricontrollare né la mia memoria si può permettere di indugiare oltre quello che ha già ampiamente fatto. Per motivi pratici e di sanità mentale.
E intanto il corriere non arriva! Ma come cavolo faccio a uscire co’ sto gelo senza un piumino addosso? (ok, sono vegetariana, è ufficiale, no? E allora NON dovrei volere un piumino!!) L’impermeabile è lercio e, ok, forse mi avrebbe tenuto un po’ più al riparo (dire calda mi sembra arrotondare per eccesso!) però davvero non potevo indossarlo ancora se non prima di una bella sterilizzata (che, ovviamente, non è possibile dargli perché la card per la lavatrice non è carica!)
Ed eccomi alle prese con una barretta (dietetica, si spera!) mentre attendo il corriere e scrivo il blog su carta che poi trasferirò in rete. Il tutto cercando di NON fare nemmeno una briciola, perché la moquette senza aspirapolvere io non so come pulirla e combattendo le fitte che mi procura il dente del giudizio che mi è rimasto, ha pensato bene di nascere mentre io sono in Germania e che la dentista si è guardata bene dal levarmi data la mia imminente partenza. E adesso io sto qui, con le piaghe in bocca per una cosa che non mi aveva mai dato occasione per lamentarmi perché ero sempre intervenuta prima! Va bene il Panta Rei, caro Parmenide, ma se le cose positive restassero tali per un po’ più di tempo, staremmo tutti molto meglio!
E quindi, dopo aver con successo mangiato la mia barretta senza spargimenti, il corriere non è ancora arrivato. Ma voi vi chiederete: ma non c’hai proprio un benemerito piffero di niente da fare tutto il giorno? Non sei andata lì per studiare? Benappunto! Certo che sono qui per studiare e avrei anche dei bei compitini da assolvere, ma senza pc disponibile né dizionari (che sono nel pacco!) la vedo ben dura a fare i compiti! Io ho solo paura che il corriere così come è arrivato se ne torni indietro! Col mio piumino! E i miei dizionari!
Se mi vedeste ora, sicuramente vorreste mandarmi a quel paese, perché sono seduta su un tavolo, davanti a una finestra con un panorama abbastanza arboreo da essermi gradito. Manca solo una fumante tazza di tè. Insomma, un’immagine di me che mi piace e che sognavo un giorno diventasse una me vera. E ora è qui. E ora, puntualmente, è il momento – o meglio il posto – sbagliato. Da come parlo e scrivo e mi comporto, sembra assurdo che sia stata davvero io di mia sponte a fare domanda per venire in Erasmus. E, addirittura, in Germania. Ma è stata una scelta forzata. E poco ponderata. Le cose che DEVO fare senza che ne sia convinta al 100% mi riescono sempre un po’ ostiche.
In questo momento, oltre ad avere il braccio in cancrena ma non avere voglia di smettere di scrivere, quello che vorrei sarebbe evocare immagini belle come quelle nell’intervento sulla new me (leggi: sulla Svezia 🙂 ) Ma forse non è ora. E poi ricordatevi che quell’intervento è in inglese! Ieri mi sono ascoltata parlare tedesco e inglese, nella stessa occasione, in soluzione di continuità. Diciamo che l’ho fatto mentalmente dopo che la cosa era successa (sapete, è molto facile parlare svariate lingue in una sola conversazione e, diciamo, questa è una cosa alquanto soddisfacente. Ma mai quanto la mediazione francese-tedesco, ovviamente!). E quello che ho dedotto è stato che parlare in inglese mi rende molto più naturale e la mia voce è anche diversa. E’ più come vorrei che fosse. Succede anche col francese, ma l’inglese è il mio primo amore e non posso dimenticarlo mai! Quando parlo in italiano la mia voce è – a mio avviso – molto tendente al maschile, mentre quando parlo tedesco inciampo ancora con pronunce / regole / parole… Inglese è fluency. Non sentite come suona bene questa parola? Fluency. Come latitudine e longitudine per Alice in Wonderland (quanto è più efficace di “… nel paese delle meraviglie”?) E, ovviamente, lei se le ripeteva in inglese! 😛 Ovvio che sono io che ho scelto tedesco, ma la ragione mi è profondamente oscura. Anche Hußner ha ricevuto la stessa risposta. Lui ce l’ha giustamente chiesto e io ho saputo solo dirgli che sento una specie di legame misterioso tra me e questa lingua. Ma non ho la benché minima idea di che natura sia questo legame. So che a suo tempo il tedesco mi mancava come l’aria che respiravo (beh, mi mancava come potrebbe mancarmi l’aria che mi serve per respirare 😀 ) E mi mancava la mia prof di tedesco, Io la volevo rendere orgogliosa, e ci sono anche riuscita! Beh, magari non proprio proprio solo col tedesco, però…
E quindi eccomi ancora qui, sempre alla finestra, sempre ad aspettare il corriere, sempre a scrivere, sempre a Colonia. Oggi all’uni ci devo andare cmq e stasera ho la prima lezione di danza musical! (25.10.2010: poi l’ho fatta mercoledì ed è stata un fallimento) E le lezioni di oggi sono di inglese! Quella di tedesco ho dovuto saltarla per via del corriere. Giornatina OK, se solo mi arrivasse il pacco! Dai camioncino giallo! Dai uomo in divisa gialla! Daiiiii! Nel siffatto istante sto provando a telefonare mamma… Vediamo se mi risponde e mi dice qlcs. No, non mi ha risposto 😦 Magari richiama. Ecco, ho ricominciato a parlare di casa… Beh, no in realtà ho soltanto detto per filo e per segno cosa stessi facendo… Come potete vedere, anche se non se ne parla apertamente, si tratta sempre di associazioni libere! Ma quanto è divertente parlare (ops, no, scrivere!) così a manetta senza un piano, senza un tema, solo per il gusto di farlo e nutrendo la speranza che qlcn legga queste parole… Non ricordo esattamente quale dei 320 docenti che ho incontrato in questa prima settimana universitariamente crucca o cruccamente universitaria abbia detto: scrivete sempre come se qlcn dovesse un giorno leggere quello che state scrivendo. Beh, è quello che faccio. Magari non scrivo saggi, però scrivo. E scrivo per qlcn. Che vi piaccia o no quello che scrivo o come lo scrivo è forse un mio problema più di quanto io pensi e – in effetti – parecchio di più, dato che non lo vedo quasi per nulla come un problema mio! Ed ecco che qui mi contraddico ampiamente! Perché se scrivo affinché qlcn legga le mie parole, dovrei farlo in un modo che sono sicura piaccia a qlcn se non proprio a tutti tutti. E se però poi dico che non mi tange particolarmente che a chi legge quello che scrivo piaccia o meno, beh, a quel punto io noterei una contraddizione di fondo.
Ok, sono completamente rincitrullita! Dai, lo so che lo pensate, quantomeno sono sicura di pensarlo io! Non può essere sana di mente una persona che si sfoga scrivendo maniacalmente e, come se non bastasse, pubblica pure le sue stramberie grafiche sperando che quei pochi che leggono apprezzino! E non mi considero weird solo per questo. Ci sono un’infinità di motivi per cui dovrei essere messa sotto stretta osservazione, perché penso di essere una caso clinico di una qualche strana patologia.
Ma forse, è solo narcisismo egocentrico e megalomane.